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domenica 26 aprile 2020

Falesie, Normandia e i piccoli piaceri di Philippe Delerm

"S'il fait mauvais dehors, c'est qu'il fait bon dedans" (P. Delerm).
(Traduzione: se c'è brutto tempo fuori, vuol dire che dentro si sta bene)


Philippe Delerm, lo scrittore dei "piccoli piaceri", nel suo libro "Le bonheur", (se non ricordo male in italiano è stato tradotto "Il portafortuna della felicità"), ci offre una serie di quadretti che hanno il potere di avvolgerci con delle descrizioni calde e morbide, come le brioches appena sfornate. Delerm riesce a rievocare, attraverso la sua scrittura, quei piccoli piaceri quotidiani, familiari, che spesso trascuriamo e che custodiscono, in realtà, la chiave della felicità.
L'autore ha, più volte, dichiarato di avere un'indole contemplativa e, questa sua predisposizione, si armonizza perfettamente con i paesaggi della Normandia, dove vive ormai da molti anni.
Nel quadretto numero II del libro ci troviamo, in un piovoso mercoledì mattina, in un panificio della regione, mentre il fornaio tira fuori le sue chouquettes...(cito: saupoudrées de flocons de sucre: spolverate con fiocchi di zucchero).

Con questa immagine ben impressa nella mente, un'estate di qualche annetto fa, mi ritrovai a passeggiare sui ciottoli delle falesie di Étretat, (chouquettes alla mano), in una giornata, fortunatamente, grigia e ventosa. La sensazione autentica e selvaggia che mi aspettavo da quei posti, con la complicità del clima, riuscì a superare le mie aspettative. La maestosità delle immense scogliere di Étretat e Fécamp, imponenti e fragili allo stesso tempo, si offriva al mio sguardo immersa tra due colori dominanti: il verde e il grigio. La pioggia battente non riuscì ad offuscare il bianco delicato delle rocce.


Dalla spiaggia di sassi e ciottoli arrivai in cima percorrendo un piccolo sentiero. Il verde bagnato dei prati, in contrasto con il grigio, si esibiva con un'aria ancora più vivace e autentica. Nel giro di dieci minuti avevo già dimenticato di essere una semplice turista e la mia visita si era trasformata in una sorta di passeggiata del tutto ordinaria, come se quei luoghi facessero già parte del mio vissuto ormai da anni. Mi sentivo un tutt'uno con il paesaggio e il clima, da molti giudicato inospitale. In Normandia il sole è una conquista e quando arriva, spesso all'improvviso, regala degli spettacoli di luce che sanno farsi perdonare dei lunghi giorni di pioggia.
Ancora oggi conservo gelosamente il ricordo di quei paesaggi, tanto da considerare la Normandia uno dei miei "luoghi dell'anima".






sabato 25 aprile 2020

Libertà



Tutto ciò che aumenta la libertà, aumenta la responsabilità. (Victor Hugo)

mercoledì 22 aprile 2020

Partenze



Il tema della partenza mi è molto caro, da un lato perché nel mio immaginario è strettamente legato alla ribellione e all'autoaffermazione. Decidere di partire, cambiare luogo, vita è, di per sé, un atto di enorme coraggio. Dall'altro perché, come tutti i momenti difficili, è persistente: rimane stabile e indelebile nella memoria di chi lo vive.
Nella mia mente conservo ancora impresse tutte le mie partenze. Ovviamente non parlo di quelle dei viaggi di piacere, ma degli allontanamenti che cambiano la vita. A volte li rivedo scorrere davanti agli occhi e, quasi, mi sembra di avvertirne ancora l'entusiasmo e l'apprensione.
I distacchi fanno parte dei ricordi definitivi.
I luoghi, invece, sono provvisori. Mi dispiace molto non avere avuto la cura di custodire le foto dei posti in cui ho vissuto. Per anni mi sono sempre detta: "tanto fotografo con la mente!", non avevo tutti i torti. Conservo ancora oggi alcune immagini nitide e meravigliose di posti che mi sono cari. Non nascondo però che, spesso, mi mancano gli strumenti per recuperarli o, semplicemente, per sollecitarli e, sicuramente, una fotografia mi sarebbe stata di grande aiuto. Con il passare degli anni mi accorgo che molte immagini diventano sempre più imprecise, vaghe, e non nascondo, che mi assale un senso di smarrimento all'idea di doverle vedere, un giorno, evaporare.


Poi ci sono le canzoni: coccole melodiche durante gli interminabili viaggi in treno, o in autobus.
Oggi cullano i ricordi più preziosi, accompagnati dalla voglia di accumularne ancora tanti altri.


La Crus - Ninna Nanna












lunedì 20 aprile 2020

Louise Attaque

Il miglior acquisto, (fatto alla Fnac della stazione di Lyon- Part-Dieu), è stato un cd Louise Attaque. A riprova del fatto che la perdita di tempo è, spesso, tutt'altro che improduttiva.


Louise Attaque è una band parigina che prende il nome da Louise Michel.


Oggi ho voglia di fare un giro tra i loro ritmi nervosi e un po' gitani.
Ogni volta che li ascolto sento una carica di energia e un grido di disperazione insieme. Adoro la voce tremante e incisiva  di Gaëtan Roussel.
I ritmi sono martellanti, ossessivi, ripetuti sempre più velocemente fino ad esaurire tutta l'energia viva e irrequieta dello sfogo.
Preferisco le canzoni con gli attacchi molto vigorosi come: "Amours" o"Fatigante". Altre, come "Léa", esordiscono in modo molto più lento e hanno un fascino diverso.

La mia preferita, dal punto di vista della musicalità e del ritmo, resta "Vous avez l'heure".
Ritmata alla perfezione dal violino mozzafiato di Arnaud Samuel. La melodia straordinaria ruba la poesia alle parole, che sembrano venute fuori, casualmente, da un mix tra un manuale di francese per principianti e semplici conversazioni tra passanti catturate per la strada.
Ovviamente il discorso ha un suo filo logico ma, in realtà, ogni volta che la ascolto finisco per perderlo correndo dietro alle rime, ai suoni e alla lunghezza delle frasi, che si adattano perfettamente ai ritmi dettati dai sussulti e dalle pause del violino.
Il risultato di tutto questo insieme, in un crescendo continuo, dura pochi minuti (2.27), ma la sensazione inebriante è garantita!






Aggiungo un video di Arnaud Samuel in una bellissima esibizione tra la folla.



domenica 19 aprile 2020

Racconti disordinati



Mi piace scrivere.

Non ho la costanza e la determinazione per portare avanti un progetto ambizioso, come potrebbe essere un romanzo, ma ho deciso di dar sfogo alla mia creatività disordinata scrivendo dei "micro-racconti".

Dopo "La gabbia d'oro" e "I suoni di Rachele", vista la particolarità del periodo, mi sono messa in testa di approfittare del tempo a disposizione e ho iniziato a buttar giù: "La rivincita degli imperfetti".

La mia creatività è caotica e necessita di stimoli continui, per questo, i miei propositi non sono mai di lunga durata.

Fino ad ora i protagonisti sono sempre stati persone segnate, sognatori fino al midollo, disillusi ma coraggiosi, mai tristi, neanche quando la vita ha impedito loro di lottare per le cose che amavano davvero. Questi antieroi rinunciano con dignità, incassano le sconfitte con discrezione, senza mai perdersi d'animo, infaticabili. Spesso schiavi delle loro emozioni sono costantemente irrequieti. Poco duttili ma silenziosi; un silenzio che sembra in realtà un ruggito, ben lontano dalla sottomissione sembra avere, a volte, il sapore della stanchezza.

Cito: "Custodiscono segretamente i loro sogni più cari e quello che rimane del loro essere ridicoli".

Profondamente convinta che non si possa vivere senza ascoltare "l'urlo della propria anima", cerco di far emergere questo concetto nella mia scrittura, a tratti ribelle, a tratti disillusa. Non mi importa molto del risultato, per me è terapia!.

Condivido un pezzettino del mio ultimo "racconto disordinato":


Tamara amava frequentare gente imperfetta, ognuno con le proprie falle, ognuno a suo modo, irrecuperabile. La particolarità di questo gruppo di amici era data dal fatto che, come tutti coloro che appartengo alla schiera dei diversi, avevano dovuto pagare un prezzo molto alto. Questo li aveva resi invulnerabili di fronte alle sorprese della vita, ma brutalmente smarriti e ridotti ai loro nuclei essenziali. Erano, per farla breve, dei passionali senza alcuna utilità pratica, degli scampoli di luce in mezzo alle ombre della realtà: senza radici, senza amore, liberi ma di una fragilità testarda, tutt'altro che domabile.


Associo a questo post un video che mi piace molto, sul tema del coraggio, della paura e del trionfo della speranza come idea testarda.








venerdì 17 aprile 2020

Marchand de cailloux: la canzone di Renaud che dà il nome all'indirizzo del blog

Marchand de cailloux è la canzone che dà il nome all'indirizzo del mio blog. Nasce dalla penna infuocata di Renaud Séchan, catautore parigino irriverente e con un forte senso di giustizia sociale. Le sue canzoni spaziano dall'infinita dolcezza di Morgane de toi Mistral gagnant, all'aggressività spietata di Où c'est que j'ai mis mon flingue. 
L'ambivalenza della sua personalità, estremamente viva e complessa, viene descritta nella canzone Doctor Renaud Mister Renard. Il cantautore gioca molto sui suoni e sul doppio senso della parola Renard (volpe). Il suffisso -ard. ha, quasi sempre, un'accezione peggiorativa.

Comme y’a eu Gainsbourg et Gainsbarre
Y’a le Renaud et le Renard
Le Renaud ne boit que de l’eau
Le Renard carbure au Ricard
Un côté blanc, un côté noir
Personne n’est tout moche ou tout beau
Moitié ange et moitié salaud
Et c’est ce que nous allons voir.

Abbozzo una semplice traduzione:

Come sono esistiti Gainsbourg e Gainsbarre, (riferendosi al doppio pseudonimo di Serge Gainsbourg),
Ci sono anche il Renaud e il Renard, (con questo termine Renaud indica, allo stesso tempo, la volpe e il suo lato oscuro),
Renaud beve solo acqua, Renard riesce a carburare solo bevendo Ricard, (aperitivo tipico francese base di anice. Per maggiori informazioni clicca qui)
Un lato luminoso e uno oscuro,
Del resto nessuno è del tutto bello o brutto.
Per metà angelo e per metà bastardo 
Ed è di questo che parleremo....

Ma torniamo alla nostra Marchand de cailloux







Testo 



Dis Papa, quand c'est qu'y passe
Le marchand d' cailloux
J'en voudrais dans mes godasses
A la place des joujoux
Avec mes copines en classe
On comprend pas tout
Pourquoi des gros dégueulasses
Font du mal partout
Pourquoi les enfants de Belfast
Et d' tous les ghettos
Quand y balancent un caillasse
On leur fait la peau
J' croyais qu' David et Goliath
Ça marchait encore
Les plus p'tits pouvaient s' débattre
Sans être les plus morts

Dis Papa, quand c'est qu'y passe
Le marchand d' liberté
Il en a oublié un max
En f'sant sa tournée
Pourquoi des mômes crèvent de faim
Pendant qu'on étouffe
D'vant nos télés, comme des crétins
Sous des tonnes de bouffe

Dis Papa, quand c'est qu'y passe
Le marchand d' tendresse
S'il est sur l' trottoir d'en face
Dis-y qu'y traverse
J' peux lui en r'filer un peu
Pour ceux qu'en ont b'soin
J'en ai r'çu tellement mon vieux
Qu' j' peux en donner tout plein
J' veux partager mon Mac Do
Avec ceux qui ont faim
J' veux donner d'amour bien chaud
A ceux qu'on plus rien
Est-ce que c'est ça être coco
Ou être un vrai chrétien
Moi j' me fous de tous ces mots
J' veux être un vrai humain

Dis Papa, tous ces discours
Me font mal aux oreilles
Même ceux qui sont plein d'amour
C'est kif-kif-pareil
Ça m' fais comme des trous dans la tête
Ça m' pollue la vie et tout
Ça fait qu' je vois sur ma planète
Des 'Inti Fada' partout

Dis Papa, quand c'est qu'y passe
Le marchand d' cailloux
J'en voudrais dans mes godasses
A la place des joujoux

Et p't être que sur ta guitare
J'en jetterai aussi
Si tu t' sers de moi, trouillard
Pour chanter tes conneries

Et p't être que sur ta guitare
J'en jetterai aussi
Si tu t' sers de moi, trouillard
Pour chanter tes conneries

Traduzione:


IL VENDITORE DI SASSI

Dimmi Papà, ma quand'è che passa
Il venditore di sassi
Ne vorrei mettere un po' nelle scarpe
Al posto dei giocattoli
Sinceramente io e le mie compagne di classe
Non capiamo sempre tutto,
Ad esempio perché alcuni schifosi
Fan del male dappertutto
Perché i bambini di Belfast
E di tutti i ghetti
Se provano a lanciar sassate
Ci rimettono la pelle
Io credevo che la storia di Davide e Golia
Fosse ancora valida,
E che i più piccoli potessero sempre cavarsela
Senza rimetterci la pelle

Dimmi, Papà, ma quand'è che passa
Il venditore di libertà
Ha dimenticato proprio tante persone
Durante i suoi giri
Perché alcuni bambini muoiono di fame
Mentre noi ci abbuffiamo,
Davanti alla TV, come dei cretini,
Soffocati da valanghe di cibo

Dimmi Papà, ma quand'è che passa
Il venditore di tenerezza
Se è sul marciapiede di fronte
Digli che attraversi
Digli anche che posso dargliene un po'
Per quelli che ne hanno bisogno,
Ne ho ricevuta talmente tanta, vecchio mio,
Che posso darne in abbondanza.
Voglio condividere il cibo di Mc Donald
Con quelli che hanno fame,
Voglio dare calore e amore
A quelli che non hanno più niente
Non so se questo vuol dire avere il cuore tenero
O essere un vero cristiano,
Io me ne frego di tutte queste parole al vento
Cerco solo di essere un vero essere umano

Dimmi Papà, tutti questi discorsi
Mi fanno venire il mal d'orecchie,
Anche quelli pieni d'amore
Sono la stessa, identica, cosa
Mi martellano la testa,
Mi rovinano la vita e tutto il resto
Mi fanno vedere su questa terra
Degli Intifada dappertutto

Dimmi Papà, ma quand'è che passa
Il venditore di sassi
Ne vorrei mettere un po' nelle scarpe
Al posto dei giocattoli

E, forse, ne lancerei un po'
Anche sulla tua chitarra,
Visto che approfitti di me, fifone,
Per cantare le tue fesserie.

E, forse, ne lancerei un po'
Anche sulla tua chitarra,
Visto che approfitti di me, fifone,
Per cantare le tue fesserie

Il video della canzone sembra ambientato nelle bellissime e ariose falesie del nord della Francia. In realtà credo sia piuttosto la mia passione smisurata per questo paese a confondermi. Infatti, man mano che le immagini scorrono, scopriamo che non è così. La presenza costante dei cailloux, mi rimanda ad una simbologia di rivolta tipica francese, ma anche tratto emblematico del carattere del cantautore. L'immagine dei sassi è comunque un simbolo rivoluzionario. Basti pensare all'origine del termine grève: sciopero, e alla forza che questa parola acquista nella cultura francese.
Grève rimanda all'antica piazza parigina lungo la Senna. Qui le persone si radunavano proprio sui grèves (i ciottoli), prima di avviare scioperi o manifestazioni.
Place de Grève è anche l'antico nome della piazza de l' Hôtel de Ville a Parigi, ancora oggi ricordata come luogo dove avvenivano le esecuzioni pubbliche.
Mi viene abbastanza naturale accostare i cailloux di Renaud ai grèves della Senna e a tutto quello che questi sassolini hanno rappresentato per la storia di questo paese.

giovedì 16 aprile 2020

Passeggiando per le vie di Parigi




Vi è mai capitato di vagare, a caso, per le strade di una città sconosciuta?
Osservare le persone nei bar, captare, qua e là, qualche conversazione, riconoscere i diversi accenti, sbirciare all'interno dei negozi, assaporare la particolarità e l'unicità degli odori del posto.
Vi assicuro che, se la città in questione è Parigi, questa esperienza potrebbe trasformarsi in un bombardamento emozionale.
Non a caso il verbo "flâner", (vagare, gironzolare senza una meta), si pensa sia nato proprio qui.





Mi piace ripercorrere questa atmosfera attraverso le parole di Yves Montant: il poeta-cantante nato in Italia, naturalizzato francese. In questa briosa canzone: "Sensationnel", Yves Montant ci offre una descrizione pulsante di Place de l'Opéra, dei suoi habitués e delle attività che, freneticamente, movimentano il quartiere:


 Il testo in francese qui





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