Pensieri su tentativi di scrittura,
letture, viaggi, musica e...
Questo blog nasce dall'idea del disordine come atto creativo.
Se siete in cerca di qualcosa di organizzato, o che abbia un minimo di filo logico, siete finiti nel posto sbagliato. L'obiettivo è quello di condividere pensieri in libertà: su qualsiasi passione che abbia il potere di infiammare un'anima.
Mi sono sempre chiesta quale sia la giusta attitudine per stare al mondo: se essere una persona semplice e razionale, che si accontenta di affaccendarsi ogni giorno in mille cose pratiche, traendo da lì ragione della propria esistenza, o un essere sensibile, a sangue caldo, che dà un senso al suo stare al mondo solo scavando dentro le emozioni più profonde e annoiandosi a morte con tutto il resto.
Chissà se si sceglie o... semplicemente si è!
"Una cosa è certa: io sono per lasciare un errore, più che cercare la perfezione: La perfezione mi fa un po' paura e mi dà un senso di freddezza" (Patty Pravo).
"Conosco ormai l'incostanza di tutti i rapporti umani e ho imparato a isolarmi dal freddo e dal caldo in modo da garantirmi comunque un buon equilibrio termico" (Albert Einstein).
Come rivalutare un gruppo conosciuto dal vivo, in giovane età, al quale non avevo accordato la minima considerazione.
Una bellissima canzone di Odezenne: "Au Baccara".
No! non si tratta di magia, ma di bella musica, poesia e schietti jeux de mots; in poche parole...di talento!
Quasi tutte le strofe della canzone hanno frasi con pronunce identiche, ma che differiscono nell'ortografia, cambiando completamente di significato (è spesso questa la magia del francese!) . Il testo gioca sapientemente su queste omofonie.
TESTO (ho tradotto barbaramente alcuni giochi di parole, tra i più stimolanti che, in italiano chiaramente, hanno perso tutto il loro valore e la loro bellezza):
Eh, jeûner, jeûner, jeûner, jeûner Je n'ai jamais faim..... (Digiunare, digiunare, digiunare....non ho mai fame)
Tune, tune, tune, tune (Soldi, soldi, soldi...non mi ucciderai) - si oppone sapientemente il termine tune (omofono di Tu ne), parola del linguaggio slang/familiare -argot-, al formale point che veniva usato in passato al posto del pas.
Tu ne tueras point
L'ennui, l'ennui, l'ennui, l'ennui (la noia, la noia, la noia...la notte questo guaio) La nuit ce dégât
Ma vie, ma vie, ma vie, ma vie Ces vies ça compte pas
Hagard, hagard, hagard hagard, hagard Et gare à toi
Paris, Paris, Paris, Paris (Parigi, Parigi, Parigi...non contare su di me) Parie pas sur moi
Marie, Marie, Marie, Marie, Marie (Marie, Marie, Marie...sposami) Marie-moi
Haut-bas, haut-bas, haut-bas, haut-bas, haut-bas Au Baccara
Et pars, et pars, et pars, et pars, et pars (E parti, parti, parti....risparmiami) Épargne-moi
Confit, confit, confit, confit, confit Confie-toi
Jamais, jamais, jamais, jamais (Mai, mai, mai....amavo sotto le lenzuola) J'aimais sous les draps
Attire, attire, attire, attire, attire Attire à soi
Je ne suis pas l'homme de ta vie - Non sono l'uomo della tua vita Je suis l'homme de la mienne - Sono l'uomo della mia Et quand l'amour désunit - E quando l'amore divide C'est la haine qui nous tient- E' l'odio che ci tiene insieme Et si mes ailes se détendent - E se apro le mie ali C'est juste pour voler ton cœur - E' solo per rubarti il cuore La vie n'a pas de couleur - La vita non ha colore Mais a-t-elle vraiment un sens? - Ma ha veramente un senso? T'es pas la femme de ma vie - Tu non sei la donna della mia vita Toi t'es la femme de la tienne - Sei la donna della tua.
"A volte ho la sensazione di essere solo al mondo, altre volte ne sono sicuro"
"Potrei dire che l'amore è come l'alcool. Lo provi una volta, ti fa girare la testa, ne vuoi ancora e ancora. Ti fa sentire male, tanto male che dirai di non voler provare mai più. Ma poi al prossimo bicchiere ci ricascherai...e non dirai di no"
C. Bukowski
Testo:
C'est à peine l'aurore Et je tombe du plume Mon amour dort encore Du sommeil de l'enclume Je la laisse à ses rêves Où je ne suis sûrement pas Marlon Brando l'enlève Qu'est-ce que je foutrais là? Sur un cheval sauvage Ils s'en vont ridicules Dehors y a un orage Y sont mouillés, c'est nul! Moi, j'affûte mes gaules Pour partir à la pêche Musette sur l'épaule Saucisson, bière fraîche
Quand le soleil arrive Mon amour se réveille Le cœur à la dérive Les yeux pleins de sommeil Téléphone à sa mère Qu'est sa meilleure amie Paroles éphémères Et tous petits soucis J'aimerais bien entendre Ce qu'elle dit de moi C'est sûrement très tendre Enfin bon, j'entends pas Moi, je plante mon hameçon Tout en haut d'une branche Je tire sur le nylon Me ruine une phalange
Le jour avance un peu Mon amour se maquille Un œil et puis les deux C'est futile mais ça brille Qui veut-elle séduire Je suis même pas là Je me tue à lui dire Qu'elle est mieux sans tout ça Que ses yeux sont plus clairs Quand ils sont dans ma poche Que vouloir trop plaire C'est le plaisir des moches Moi je sors une truite D'au moins cent vingts kilos Je l'ai pitié trop petite Je la rejette à l'eau
Il est midi passé Je reviens les mains vides Trop de vent, pas assez L'eau était trop humide Alors je rentre chez moi Triste comme un menhir Et personne n'est là Pour m'entendre mentir Mon amour est partie Est partie pour toujours J'ai perdu mon amour Et j'ai perdu ma vie
J'emmènerai, dimanche Si je peux, la gamine S'emmêler dans les branches A la pêche à la ligne
J'emmènerai, dimanche Si je veux, la gamine S'emmêler dans les branches A la pêche à la ligne
Abbozzo una traduzione:
E' appena l'alba e cado giù dal letto, il mio amore dorme ancora
profondamente.
La lascio ai suoi sogni
Io non ne faccio sicuramente parte,
Marlon Brando la porta via;
Che cavolo ci farei là?
Su un cavallo selvatico
Se ne vanno, ridicoli
Fuori c'è un acquazzone
Sono tutti bagnati
che sciocchezza!
Io Preparo le canne
Me ne vado a pescare,
Zaino in spalla
salamino, birra fresca.
Il sole sorge,
Il mio amore si sveglia Con il cuore alla deriva
E gli occhi ancora pieni di sonno, Telefona a sua madre,
Che è la sua migliore amica, Scambiano parole effimere,
Si raccontano problemi da niente! Mi piacerebbe sapere cosa dice di me,
Una canzone per gli amanti dei miscugli e della
confusione: un mix tra swing, valse
musette, raïe ritmi gitani. Il gruppo si chiama Zebda ed è, ovviamente, francese di origine magrebina.
Si tratta di un gruppo musicale molto conosciuto in Francia. Il
nome viene da un gioco di parole: la parola Zebda in arabo significa “burro”.
In francese questo termine si collega a due parole omofone: beurre che vuol dire burro e beur che in verlan, (linguaggio gergale delle periferie), sta ad indicare un
giovane di origine magrebina nato in Francia da genitori immigrati.
Il testo è molto leggero e tratta tematiche un po’
superficiali rispetto a quelle normalmente proposte da questi artisti, sempre impegnati sul fronte dell’uguaglianza e delle lotte sociali.
Il termine manouche significa
zingaro. La canzone è centrata su questo personaggio che cattura la scena
durante una giornata di festa nel parcheggio di una periferia. Ovviamente, da
amante del caos, il mio interesse peril
testo, oltre che musicale, è soprattutto linguistico. Viene fuori dalla canzone
un francese completamente spettinato e lontano dagli standard del purismo; l’effetto
è davvero suggestivo.
Lo scopo è quello di trasportarci in un’atmosfera vivace, capace
di attivare il nostro entusiasmo trascurando l’ambientazione povera e incolore
del parcheggio. In questo posto ci si diverte con niente, si parla male la
lingua, (nel testo troviamo infatti l’espressione “avec un fraçais à couper à la hache”, per sottolineare come il
francese venga usato in un modo piuttosto approssimativo). Il ritmo ci trascina
in un contesto disordinato, impreciso ma… carico di euforia!
Gli stranieri nell'anima spesso nascono bisognosi o irrequieti. In entrambi i casi il sentimento di non appartenenza o una realtà difficile da sostenere li spingono alla partenza. Una volta preparata la valigia e varcato il confine l'identità verrà segnata in modo irreversibile.
Arrivano le vacanze: Natale, Pasqua, Ferragosto e il nucleo originario torna a ricompattarsi.
Qualche ruga in più sul viso, la schiena più curva, gli occhi segnati.
I pranzi e le cene tornano ad essere rituali rassicuranti, lenti e chiassosi.
Si ritrovano i rumori di sempre, gli odori, i percorsi conosciuti.
I giorni passano, lenti ma piacevoli.
Il tempo scorre in una dimensione sospesa tra passato, presente e futuro, poi, di colpo, torna il frastuono del silenzio.
Il peso del distacco si impone all'anima, anno dopo anno, con una fatica crescente.
Vivere da straniero vuol dire essere più forte e più fragile allo stesso tempo: non avere paura di niente e aver paura di tutto.
Vivere da straniero indica non dare nulla per scontato , sentirsi un po' più ricco e un po' più povero, un po' a casa e un po' fuori posto sempre e ovunque.
Essere straniero vuol dire strappare le radici, aprire la gabbia della voliera e offrirsi all' arbitrarietà del cielo, anche quando si perde la voglia di provarne l'ebbrezza.
Su questo tema propongo una canzone di Georges Moustaki "Le métèque".
Traduco due strofe che mi piacciono particolarmente:
Avec ma gueule de métèque De Juif errant, de pâtre grec Et mes cheveux aux quatre vents Avec mes yeux tout délavés Qui me donnent l'air de rêver Moi qui ne rêve plus souvent (...)
Avec mon cœur qui a su faire Souffrir autant qu'il a souffert Sans pour cela faire d'histoires Avec mon âme qui n'a plus La moindre chance de salut Pour éviter le purgatoire (...)
Con la mia faccia da straniero, da ebreo vagabondo, da pastore greco e i miei capelli al vento. Con i miei occhi slavati che mi danno un'aria da sognatore Anche se ormai non sogno più molto spesso
Con il mio cuore che ha fatto soffrire tanto quanto ha sofferto, Senza per questo lamentarsi. Con la mia anima che non ha più la minima possibilità di salvezza per evitare il purgatorio
Ecco un altro mostro sacro della canzone francese: Georges Bassens.
Un uomo dall'animo costantemente acceso (come la sua pipa!). Un cantautore che ha saputo stroncare il perbenismo e l'ipocrisia a colpi di chitarra e di parole infuocate.
Musica e poesia si mescolano nelle sue canzoni in modo irriverente e volutamente provocatorio.
Nato a Sète, nell'ex regione del Languedoc-Roussillon - oggi Occitania, sede del famoso cimitero, con vista spettacolare sul Mediterraneo, (un luogo particolarmente caro anche a Paul Valéry).
La canzone di oggi "La mauvaise réputation" - La cattiva reputazione-, ci scaglia davanti la realtà e la mentalità di un village sans prétentions, (un paesino senza aspettative), che, non riuscendo a cogliere la ricchezza di una personalità particolarmente creativa, finisce inevitabilmente per giudicarla: "Je passe pour un je ne sais quoi"- passo per un non so che cosa-.
La gente comune finisce spesso per puntare il dito e denigrare ciò che teme potrebbe sovvertire un ordine di idee prestabilito che offre l'illusione del controllo.
Brassens, come tanti di noi, non capisce certi meccanismi e in questa canzone si difende:
"Je ne fais pourtant de tort à personne en suivant mon chemin de petit bonhomme"; eppure non faccio torto a nessuno seguendo il mio cammino di povero diavolo...
Pas besoin d'être Jérémi’pour deviner le sort qui m'est promis : s'ils trouvent une corde à leur goût, ils me la passeront au cou. Je ne fais pourtant de tort à personne, en suivant les chemins qui ne mènent pas à Rome, mais les braves gens n'aiment pas que l'on suive une autre route qu'eux"- Non c'è bisogno di essere il profeta Geremia per indovinare quella che sarà la mia sorte: troveranno un giorno una corda e me la metteranno intorno al collo. Eppure non faccio torto a nessuno seguendo le strade che non portano a Roma, ma alle brave persone non piace che si segua una strada diversa dalla loro.
Ho scelto questa canzone perché la tematica è molto affine al mio vissuto. Sono nata in un paesino di montagna di pochissime anime e non mi sono mai sentita parte integrante di quei luoghi e di quella mentalità. Costantemente irrequieta e curiosa volevo "saltare" oltre quel perimetro definito. Fin da piccola sognavo di andar via alla ricerca di "altro" e ho trasformato la mia vita in una specie di viaggio itinerante tra Italia e Francia, sperando di incontrare persone stimolanti e completamente diverse dalle "braves gens" descritte da Brassens.
Ho scoperto in molti personaggi insoliti ed estrosi molta più trasparenza, purezza e semplicità rispetto a quella fieramente ostentata dalla gente comune che spesso, per citare Baudelaire, "ha un segreto da nascondere".
Che cosa meravigliosa sono gli amici! Che strana magia si crea quando, nel momento di maggior disagio, senza averli cercati, li senti arrivare con il passo timido e leggero... come tanti gattini: eleganti, timorosi, discreti e di una tenerezza disarmante.
A tutti i nobili d'animo e agli amici speciali dedico questa canzone di Renaud, che racconta la storia di Manu.
Manu sta soffrendo molto a causa della fine della sua relazione, seduto in un bar, con le lacrime che cadono nella birra, si sente completamente perso. La canzone raccoglie le parole, dolci ma incisive, del suo più caro amico che tenta di consolarlo:
"Une gonzesse de perdue c'est dix copains qui reviennent" (Per una donna che perdi dieci amici ritornano").
Questa canzone contiene due massime a me molto care:
"Manu vivre libre c'est souvent vivre seul, ça fait peut être mal au bide, mais c'est bon pour la gueule".
(Manu vivere da uomo libero vuol dire spesso vivere da solo, forse fa venire un po' di mal di pancia, ma ti toglie il broncio).
"Je vais te dire on est des loups, on est fait pour vivre en bande, mais surtout pas en couple, ou alors pas longtemps".
(Ti dirò siamo come lupi, fatti per vivere in branco, non siamo nati per la coppia e soprattutto, non per molto tempo).